Lina is spending the summer in Tuscany, but she isn’t in the mood for Italy’s famous sunshine and fairy-tale landscape. She’s only there because it was her mother’s dying wish that she get to know her father. But what kind of father isn’t around for sixteen years? All Lina wants to do is get back home.
But then Lina is given a journal that her mom had kept when she lived in Italy. Suddenly Lina’s uncovering a magical world of secret romances, art, and hidden bakeries. A world that inspires Lina, along with the ever-so-charming Ren, to follow in her mother’s footsteps and unearth a secret that has been kept for far too long.
Perché odiare questo libro? La storia? Quasi sicuramente. I personaggi? Altroché. Ma soprattutto COSA CAVOLO COSTA UNA RICERCA SU GOOGLE PRIMA ANCORA DI COMINCIARE A SCRIVERE.
La (noiosissima) trama si può sintetizzare brevemente: ragazza che non ha mai conosciuto il padre lo incontra dall’altra parte del mondo dopo la morte della madre e assieme a lui, tanta altra gente. Seguono cliché orribili e innamoramenti improbabili. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano, molti libri brutti sono banali.
Come da manuale del libro brutto e sciapo, i personaggi sono piatti, non c’è una vera e propria evoluzione, ma sono piuttosto trascinati dagli eventi. Macchioline che interagiscono tra di loro senza un vero e proprio scopo, oppure ce l’hanno ma sono sviluppati talmente male che avrebbero fatto meglio a rimanere macchioline.
Si, ce l’ho con il presunto padre della protagonista, quello biologico, il love interest e tutti i suoi amici.
E la protagonista.
Detto ciò, analizziamo i difetti passo per passo
1)Ragazzi bilingue che non parlano mai una lingua o l’altra, ma infilano o parole italiane a caso perché le persone bilingui parlano così, certo. E poi fa fico.
The door swung open and Elena and Mimi walked in. “Ragazzi, dai. My mom will freak out if she finds out you are up here. I had a forty-five-minute lecture after the last party. Some idiota left a piece of pizza on a two-hundred-year-old credenza. Come downstairs, per favore!”
2) Gli stereotipi che si sprecano
“You’re really short. And you look Italian.” “Then how’d you know to speak to me in English?” “Your clothes.” I looked down. Leggings and a yellow T-shirt. It’s not like I was dressed as the Statue of Liberty or something. “What’s so American about my outfit?” “Bright colors. Running shoes…” He waved his hand dismissively. “Give it a month or two; you’ll totally get it. A lot of people here won’t go anywhere unless they’re wearing something Gucci.”
3)Ogni volta che incontra locali sono italiani di mezz’età che vogliono molestarla, e che palle
[Non cito niente, prendetemi sulla parola. Non voglio innescare un trigger in nessuno]
4)Il cibo è l'unico con una descrizione a 360°, roba che i personaggi non si sognano neanche. E non mancano gli stereotipi
I AM ITALIAN THEREFORE I CAN'T KEEP CALM
YOU CAN BEAT YOUR MEATBALS I'M ITALIAN
Alla fine di tutto, l'unica cosa che mi è rimasta è il desiderio di tirare il tomo in testa all'autrice. Certo, hai vissuto in Italia millemila anni fa, peccato che ti sia dimenticata di controllare come si sia evoluta la situazione negli ultimi vent'anni (sono io che vivo in un posto civilizzato o gli antichi palazzi non hanno elettricità per davvero?), non controlli la lingua e soprattutto il libro è un semplice #foodporn perché fa figo. E sicuramente vende.
Insomma, ho odiato questo libro e questa recensione trasuda tutto il mio odio. E l'imbarazzo di seconda mano che ho provato, perché il pane all'aglio viene spacciato per la 342 volta come cibo italiano.
Insomma, la banalità del male.
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