mercoledì 28 aprile 2021

RECENSIONE | A flame in the mist

Questa è una recensione vecchia di almeno due anni. Nel momento in cui l'ho scritta il libro era uscito da poco e c'era molta carne al fuoco. Ho riflettuto se pubblicarla o meno, ma non mi sembrava giusto cancellare il lavoro fatto finora, pertanto godetevi l'ennesimo rant su un libro brutto.


Ci sono libri oggettivamente brutti e ci sono libri che ci si mettono d'impegno per esserlo.
Più o meno tutti i miei problemi con A flame in the mist sono stati riassunti in un'altra recensione, ma ho ancora qualche sassolino nella scarpa da togliermi, pertanto non vedo l'ora di cominciare quella che a tutti gli effetti è una lunga lamentela. Se avete amato questo libro, fermatevi qui e rimaniamo amici.

La forma in cui è stato scritto è peggiore di quella usata dalla Maas, se con quest'ultima avevo bisogno costantemente del dizionario per le parole inventate ogni tre per due, la Ahdieh necessitava di un digestivo potente per le eccessive frasi e descrizioni, una dietro l'altra, con cui mi riempiva di parole assolutamente inutili che abbelliscono la forma, ma lasciano semplicemente fuffa. E non è nemmeno questo il peggio. Fosse stato scritto con una qualche forma di narratore onniscente e oggettivo, sarebbe stato un tantino più tollerabile perché Mariko, la protagonista, è la peggiore Mary Sue apparsa sulla faccia della terra. Continua a dire al lettore quanto lei sia intelligente, ma non fa altro che fare scelte stupide una dietro l'altra, finire col sedere per terra, umiliata ogni benedettissima volta e continua a darsi delle arie. C'è stata più di una volta in cui si è lamentata del suo essere donna ed è stato come leggere i capitoli di Cersei ancora una volta. Questo non è femminismo, bella mia, questa è misoginia bella e buona.


Ricordiamoci però che questo è un retelling di Mulan e da quanto ho capito, le basi del retelling secondo la Ahdieh sono... Oriente? Una ragazza vestita da soldato?
Facciamo tutti finta di sapere come rendere una storia tradizionale cinese in un retelling giapponese sia offensivo.

Ad ogni modo, la versione universalemnte conosciuta di Mulan è il cartone Disney. Il mio cervello, innocentemente e anche con un po' di ignoranza,  ha cercato gli elementi comuni a tutti in Occidente. "Be a man" e Shang.
Shang, come posso dirvelo, è universalmente detto... bisessuale. Ma quando mai la Disney, a family company, oserebbe più che sussurrare questo particolare? E cosa meglio di un retelling per approfondire questo aspetto?
Ma no, cosa mai andate a pensare. Approfondirlo per davvero? Un piccolo accenno a sensazioni spiacevoli mentre parla con Mariko prima di scoprire il travestimento della fanciulla  e niente di più.
L'altro punto, ci riguarda tutti più da vicino. 
"Be a man" credo sia una delle canzoni Disney più famose, ha vent'anni ma non li sente, e ci emozioniamo tutti a sentirla cantare in qualsiasi lingua. Già che ci sono, vi lascio il
link
. Quando ho sentito la seguente frase:

"Be as swift as the wind. As silent as the forest. As fierce as the fire. As unshakable as the mountain"

Io ero convintissima che fosse una rivisitazione del testo della canzone (fatta pure male), ma a quanto pare ha a che fare con il folklore cinese. In un retelling che l'autrice ha ambientato in Giappone.


Niente, un epic fail dopo l'altro. Non comprate questo libro, non datevi proprio la pena.

3 commenti:

  1. Aver scoperto con circa due settimane di ritardo che sei tornata nella blogosfera era ciò di cui avevo bisogno per migliorare una giornata non proprio esaltante :D
    Io cmq l'avevo detto che questo era brutto forte, eh.

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    1. Due mesi, non due settimane. Sono veramente fusa 😵

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    2. Trovare questo commento dopo mesi è imperdonabile... ma devo dire che ha prodotto lo stesso effetto. Ciao anche a te <3

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